A volte sogno di essere leggera e pura, e di essere dolcemente
in balia di un soffio di vento che porti via lo sguardo
della mia anima in giro per il mondo, a girovagare sulle
tracce indelebili di persone semplici che hanno saputo
cambiare il cuore della gente, per capire quanto sia
servito imparare che non siamo soli, ne vittime se non
di noi stessi o di chi non ripercorre quelle tracce restando
nell’oblio della sconfitta e dell’immobilità dei
pensieri che portano ad essere vivi nella intolleranza
reciproca, e di chi non ha mai vissuto la propria pasqua
rigenerando il personale leit motiv, non potendosi illuminare
come fari che segnino il cammino di tante altre persone
che seguono, e che cercano quelle tracce per trovare
la via più giusta nella notte dei dubbi e dei
rimorsi.
Vorrei che quel soffio di vento mi portasse ad attraversare
l’india, sfiorare Nuova Delhi la Nazareth di Mahatma
Gandhi e leggere gli sguardi dei suoi vicini di casa,
di coloro che volevano da lui solamente una parola, quella
giusta, per rinfrancarsi dallo scherno quotidiano e dalle
irriguardose ineguaglianze, e per bere alla fonte delle
sagge virtù, traendo la forza, la sopportazione,
e la gioia di vivere li dove c’è poco da
gioire se alla base ci sono standard comuni a cui riportarsi.
Una terra povera nel comune ma ricchissima nei riferimenti,
ha in sé personaggi che sono pilastri, e che si
ergono dal deserto piatto della stupidità
e della evanescente sensazione di potenza, vorrei poter
guardare gli occhi più belli del mondo, planando
sui suoi palmi per poterli poi stringere senza lasciarli
mai, che bello sarebbe passeggiare con Madre Teresa di
Calcutta, era un gigante nel suo metro e poco più ma
la si vedeva da lontano, mentre accarezzava la fame e
il dolore, la malattia e la speranza, il desiderio del
riscatto e poi la morte, senza mai arrendersi nemmeno
davanti alla più truce ingiustizia, ma più in
generale, se quel soffio di vento mi darebbe la possibilità
di sorvolare quel pezzo di mondo avrei la certezza che
proprio dove non c’è nulla c’è
invece tutto, perché è dove manca ogni
bene che il bene trionfa nel corpo di pochi e nella mente
di molti.
Vorrei che il vento caldo della pace mi soffiasse via
direttamente a Cracovia, per vedere il volto sereno del
popolo polacco dopo che è stato testimone della
vita di un grande del cielo, per capire quanto ha amato
chi ha amato ognuno e suo fratello nella grande famiglia
globale, è
stato il vescovo di tutti e il padre di chiunque, il
buon padre che soffre e gioisce per i suoi figli, si
chiamava Karol, fu papa ma soprattutto fu giusto, remissivo
e combattivo, nella estenuante lotta contro chi non credeva,
e liberando le scelte di chi non poteva e che si sono
posate sul suo cuore e su quelli che quel cuore hanno
condiviso facendone motto e vessillo.
Se il vento del credere nella semplicità
come atto d’amore mi soffiasse dappertutto riuscirei
a comprendere forse perché si è
smesso ad un certo punto l’arroganza e si riflette
su temi che uniscono invece che inventare conflittualità,
troverei dovunque quelle tracce scolpite nella memoria
di chi era cieco di chi era stanco e di chi era perduto,
oggi tutti loro hanno nuovi stimoli, fulgidi esempi e
ottime motivazioni per sentirsi parte di un tutto che
porta alla felicità primordiale che col tempo
si era perduta nei meandri dei problemi e delle bieche
soluzioni, si guarda in faccia la nuova realtà
che non ci obbliga ad essere per forza i più
importanti i più belli o i più ricchi,
perché basta essere i più comuni per essere
i più unici formando un esercito di una sola ragione
fatto di miliardi di persone con in mano una sola arma
per sconfiggere il peggio creato da noi stessi, la tolleranza.
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